Le fasi dell’accoglienza
Nel corso degli ultimi 10 anni l’accoglienza in Italia dei richiedenti protezione internazionale è stata fortemente sollecitata dal crescente numero di arrivi e l’intero sistema istituzionale dell’accoglienza è stato più volte rimodulato e modificato in risposta all’andamento dei flussi e delle presenze di migranti forzati sul nostro territorio.
Ripercorrendo alcune delle tappe maggiormente significative che hanno portato alla configurazione attuale ricordiamo il 2014 anno in cui c’è stato un sostanziale aumento dei posti della rete SAI (ex Sprar) e l’invito da parte del Ministero dell’Interno rivolto alle Prefetture, attraverso la circolare dell’ 8 gennaio 2014, a reperire sui singoli territori regionali delle strutture di accoglienza, visto l’intensificarsi degli sbarchi e il sempre più crescente numero di persone da accogliere. Inoltre con l’intesa tra il Governo, le Regioni e gli Enti Locali, adottata in sede di Conferenza Unificata del 10 luglio 2014 è stato approvato il Piano Nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, adulti, famiglie e minori stranieri non accompagnati con l’intento di creare un unico sistema di accoglienza.
Negli anni più recenti tre decreti hanno modificato il decreto legislativo 142/2015 che è la norma che sostanzialmente definisce le modalità di accoglienza del nostro Paese: Il cosiddetto decreto sicurezza (D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in Legge 1 dicembre 2018, n. 132) ha escluso dal SAI i richiedenti asilo, riammessi nuovamente con la riforma Lamorgese, D.L 130/2020 (convertito in Legge 18 dicembre 2020, n.173).
A distanza di poco tempo il governo Meloni ha varato il nuovo decreto D.L 20/2023 (cosiddetto “Decreto Cutro”) che tra le diverse disposizioni, ripristina l’esclusione dei richiedenti asilo dal SAI (per approfondimenti si veda la sezione SAI-Sistema di Accoglienza ed Integrazione)
Attualmente l’accoglienza di chi giunge sul nostro territorio in modo irregolare prevede le seguenti fasi:
Soccorso, prima assistenza e identificazione. I cittadini stranieri soccorsi in mare o entrati in modo irregolare sul territorio nazionale vengono condotti in centri governativi localizzati nei pressi delle aree di sbarco o di principale ingresso nel paese per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione. Questo tipo di centri sono interessati dall’approccio hotspot, nato nel 2015 in ragione degli impegni assunti dal governo italiano con la Commissione europea. Nei centri c’è anche il primo scambio di informazioni sulle procedure per l’asilo: è qui che si differenziano i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, che saranno avviati ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o lasciati sul territorio in condizione di soggiorno irregolare (D.lgs 286/1998, art. 10-ter)
Centri governativi. Chi manifesta la volontà di richiedere asilo in Italia viene trasferito presso i centri governativi dove viene avviata la procedura di esame della richiesta di asilo (d.lgs. 142/2015, articoli 9 e 10). In questi centri devono anche essere accertate le condizioni di salute degli ospiti, con il fine di verificare eventuali situazioni di vulnerabilità. Qui trovano accoglienza i richiedenti asilo. Il decreto 20/2023 ha eliminato dai centri governativi i servizi di assistenza psicologica, i corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Oltre all’accoglienza materiale, dunque, rimangono attivi solo l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale.
Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Qualora si esaurissero i posti disponibili nei centri governativi, le prefetture possono prevedere l’istituzione di Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e affidarli a soggetti privati mediante le procedure di affidamento dei contratti pubblici (d.lgs. 142/2015, articolo 11). All’interno di queste strutture, come nei centri governativi, vengono accolti richiedenti asilo in attesa di definire il proprio status giuridico. Nonostante la natura straordinaria di questa tipologia di accoglienza, i dati mettono in evidenza che tuttora i Cas rappresentano, a livello nazionale, la risposta principale all’esigenza di accogliere i migranti arrivati sul territorio.
Anche all’interno dei CAS con il D.L 20/2023 assistiamo ad una significativa limitazione dei servizi ridotti all’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e alla mediazione linguistico-culturale.
Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Il Sai si sviluppa su due livelli di servizi: il primo è riservato ai richiedenti asilo, ammessi solo se in condizione di vulnerabilità (art. 17 comma primo del decreto legislativo 142 del 2015) e garantisce, oltre all’assistenza materiale , l’assistenza legale, sanitaria e linguistica. I servizi di secondo livello sono riservati ai titolari di protezione e sono finalizzati all’integrazione e all’orientamento lavorativo. A differenza dei CAS gestiti esclusivamente dal ministero dell’interno, il Sai è coordinato dal Servizio centrale, la cui gestione è assegnata all’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) con il supporto operativo della fondazione Cittalia. La titolarità dei progetti è assegnata agli enti locali che volontariamente attivano e realizzano progetti di accoglienza e integrazione (d.lgs. 142/2015, articolo 8 e Dl 416/1989, art. 1 sexies).